Le premesse per fare bene c’erano tutte: allenamenti specifici, un’incrollabile spirito di gruppo e quella briciola d’incoscienza che spinge ad osare sempre qualcosa in più, alzando idealmente l’asticella della difficoltà ad una tacca al di sopra del proprio limite.
La Pistoia-Abetone, un’ultramaratona internazionale di 50 Km in salita con un percorso micidiale dal finale estenuante, il “gigante” che fa paura anche ai più blasonati “top-runner”, la gara “più lunga di una maratona, più dura di una cento chilometri”.
Il gruppo composto dai 6 atleti sabatini ha raggiunto Pistoia nel pomeriggio di sabato 25 per il disbrigo delle pratiche di rito (ritiro pettorali e pacchi gara) in una piazza Mazzini gremita di curiosi e podisti provenienti da ogni regione d’Italia e da 20 nazioni. In serata, complice il pasta-party offerto dal Comitato gara, il gruppo ha trascorso momenti piacevoli in compagnia di tantissimi amici runners, tra cui menzioniamo i nostrani Marco D’Innocenti e Carmine Buccilli.
Come da programma, il mattino di domenica 26, tutti i partecipanti si sono ritrovati nella splendida Piazza del Duomo: 1600 partecipanti circa per i 3 traguardi previsti (Le Piastre al 14° km, San Marcello al 30° km e l’Abetone al 50° km).
Lo start è stato dato puntuale alle 07:30. Partenza a ritmo blando, con il caldo che comincia a farsi sentire fin dalle prime battute. La prima salita arriva implacabile al 5° km: l’ascesa di 9 km fino a località Le Piastre si rivela durissima, ma la freschezza muscolare permette un’andatura allegra. Al 14° km inizia la valle del Reno, un falsopiano in leggerissima discesa di 6 km, che invita ad un ritmo più elevato: l’incantevole bellezza dei luoghi stimola mente e corpo a rilassarsi dopo la fatica della salita appena lasciata alle spalle.
I chilometri passano in maniera sempre più incalzante: una salita poco impegnativa conduce il serpentone multicolore fino a Maresca, poi giù in picchiata fino a La Lima. In fondo alla valle i partecipanti si ritrovano al 33° km e maestoso, innanzi a loro, si erge l’Abetone. Un brivido corre lungo la schiena: bisogna chiamare a raccolta le forze ed iniziare la scalata. Fino al 37°-38° km la strada è corribile: la pendenza permette una corsa briosa seppure “sempre in presa”. A seguire, e fino al 42° km, la pendenza del percorso è tale che i tempi sul chilometro cominciano ad allungarsi. Qualcuno dirà…tutto qui? No, al 43° arriva la rampa con pendenza oltre il 12%: a questo punto nessuno guarda più il Garmin, tanto si procede a rilento. Tra il 46° ed il 48° l’Abetone concede una tregua (si fa per dire): il percorso torna ad avere una pendenza “umana” e ciò permette a tanti di rilanciare l’azione. L’ultimo chilometro è da sogno, 1000 metri da correre con il cuore: l’arrivo all’Abetone è entusiasmante tra due ali di folla a sostenere l’atleta nell’ultimo sforzo a coronamento di una gara allo stesso tempo terribile e fantastica.
Una menzione particolare deve essere fatta a favore della nostra atleta Rossana Filippone. Dalla partenza al 33° km mantiene un ritmo costante: la condotta di gara le permette di giungere ai piedi dell’Abetone con la giusta riserva di energie ed iniziare una scalata vibrante. Quelli dell’Abetone sono stati i tornanti di Fausto Coppi, l’Airone che proprio lì gettò le basi per la sua brillante carriera. Allo stregua dell’indimenticato campione, Rossana, novella “Aquila bianco-azzurra” (n.d.r. il bianco e l’azzurro sono i nostri colori sociali), ha spiccato il volo in prossimità del tornante n°1 dell’Abetone per giungere in vetta al 37° posto assoluto nella classifica femminile in 6 ore e 10 minuti: un risultato di grande spessore atletico per un’atleta che ha scelto di esordire nel fantastico mondo delle ultramaratone proprio con la più dura e selettiva.
Per la cronaca la vittoria è andata all’atleta keniano Kipkering Philemon in 3 ore e 35 minuti; gli arrivati, o forse meglio dire i sopravvissuti, sono stati 696.